La visione del Cristo cosmico (Bede Griffiths) Il seguente testo è tratto dal volume, che consiglio vivamente ai lettori: Vincenzo Noja (cur.), Testi mistici per la contemplazione di Dio, Borla, 2006. Ringrazio il curatore per l'autorizzazione a pubblicarlo.
Gianfranco Bertagni Bede Griffiths (1906-1993) (La visione del Cristo Cosmico) “Ogni religione ha contribuito alla crescita del Cristo Cosmico. Esso è formato da tutti coloro che, in linguaggio indù, hanno in qualche misura preso coscienza dell’Io nella profondità del proprio essere”.[1] Per Padre Bede il Corpo di Cristo non può essere mai limitato alla Chiesa visibile e ancor meno ad una tradizione ecclesiastica, ma in esso egli vede il riferimento dell’uomo al vero Io, la “nostra speranza di gloria”, come dichiara san Paolo. La spiritualità di Padre Bede si basa innanzitutto sull’inabitazione dello Spirito divino nell’uomo. Questa non è solo consapevolezza di Dio in relazione solo all’essere umano ma in tutta la creazione (Aurobindo-Teilhard de Chardin). Come il suo confratello Henri le Saux, egli vede nella Trinità, la comunità degli esseri con Dio e, strettamente congiunti, il mistero di Dio e il mistero umano. Bede fu monaco benedettino, nacque nel 1906 in Inghilterra (Walton-on-Thames). Dal 1955 fino alla sua morte visse in India, dal 1968 in poi guidò per venticinque anni l’Ashram indo-cristiano Saccidanananda nell’India meridionale, fondato precedentemente dal benedettino francese Henri le Saux. Sotto la guida di Padre Griffiths l’Ashram divenne un centro mondiale per gli incontri ecumenici delle religioni; egli concepì Saccidananda (“l’eremo della Trinità”) come luogo d’incontro per i fedeli di tutte le tradizioni religiose alla ricerca della verità interiore, dell’essenziale unità in Cristo. Per oltre trent’anni Bede Griffiths operò per comunicare la sua concezione del Cristo Cosmico e ricercare l’unità tra le religioni nella profonda condivisione del mistero di Dio nell’uomo e nel creato; in particolare egli operò nella ricerca della comunione spirituale indo-cristiana, pur riconoscendo le profonde diversità, a livello di dottrina e di credenze, esistenti tra le due tradizioni religiose. Padre Griffiths fu autore di alcune opere mistiche molto significative per l’esperienza contemplativa di Dio, alcune desunte dalle sue conferenze; citiamo in particolare: Il Cristo Universale (The universal Christ) e Ritorno al centro. L’ ESPERIENZA ASSOLUTA DI DIO (Il Mistero dell’Amore) Quando noi preghiamo Dio nella profondità dell’anima, Egli è in noi e noi siamo in Lui. Questa non dualità del nostro spirito con lo Spirito di Dio ci viene rivelata dal Vangelo di Giovanni, quando Gesù prega così per i suoi apostoli: “…che essi siano tutti in uno, come Tu, Padre sei in me ed io in Te (…) io in loro e Tu in me, così essi giungeranno alla perfetta unione”[2]. Questa preghiera è il coronamento di tutte le religioni. Con essa veniamo chiamati ad entrare nel mistero nascosto della Divinità, prendendo parte con, e attraverso, Gesù alla conoscenza e all’amore di Dio. (…) Questa è la rivelazione cristiana. L’uomo che entra nel Mistero divino, che partecipa all’amore e alla conoscenza, che diventa egli stesso Divinità. Divinità è comunione e conoscenza dell’amore. Noi tutti possiamo parteciparvi, questa è la nostra vocazione. “Non soltanto in questi prego, ma prego anche per quelli che crederanno in me per la loro parola; affinché siano tutti una cosa sola come tu sei in me, o Padre, ed io in te; che siano anch’essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. La gloria che tu mi desti io l’ho data loro, affinché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola, io in essi e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità…(Gv 17, 20-23)[3]. Per questo la contemplazione è molto importante. I rituali sono belli e importanti; la santa Messa ha un significato centrale. Ma anche qui noi usiamo simboli esteriori: chiese, candele, crocifissi, paramenti, pane e vino. Tutte queste cose sono esteriori e il mistero appare attraverso questi simboli. I quali, però, qualche volta potrebbero distoglierci. Anche in una chiesa ci sono tante possibilità di venire distratti e distolti dal Divino. Ma quando, con la contemplazione, superiamo l’apparenza esteriore ed entriamo nella sfera del silenzio, possiamo incontrare lo Spirito di Dio, lo Spirito di Gesù, e così prendiamo parte alla perfetta unione del cuore. Un unione con Dio e Gesù che non è duale. Non siamo per molto tempo due, ma siamo una cosa sola, una cosa sola nella diversità. Noi siamo una cosa sola in una sola relazione. Le persone della Trinità stanno in un rapporto duraturo di unicità. Amore è dinamica. Non è una singola opportunità. I due che insieme sono uno, penetrandosi a vicenda, diventano reciprocamente uno, questo è un rapporto non duale, è un mistero indicibile. Qui ci guida il Vangelo. È l’unione dell’amore, in cui ognuno è nell’altro e non c’è più nessuno. È il mistero dell’amore: due diventano più di essi stessi quando trovano la completezza nell’amore. Questa è la nostra contemplazione cristiana che dovrebbe guidarci all’assoluta esperienza di Dio. Dio ci chiama a questo modo di contemplare, a quest’esperienza di Dio nel nascosto segreto del cuore. Gli uomini di tutto il mondo vengono lì condotti, qualcuno come induista, qualche altro come buddista. Spesso essi hanno conosciuto il mistero cristiano in modo inadeguato e perciò vedono il Cristianesimo come una religione superficiale di “conformisti”, che non soddisfa sufficientemente i veri ricercatori di Dio. Noi dovremo far chiaro che esiste un mistero cristiano che corrisponde al profondo bisogno della natura umana e che può essere rivelato come consapevolezza e beatitudine nelle profondità dell’anima. A questo dono noi ci dedichiamo attraverso la contemplazione. Questa è la vera sfida. (Göttliche Gegenwart, op. cit., pp. 103-106) LA PREGHIERA Pregare significa entrare coscientemente nella comunione con Dio o con la Sorgente. Al suo punto più alto, la preghiera diventa contemplazione. Qui essa è senza parole. È un mescolarsi della coscienza umana con il Divino. Al centro dello stato di preghiera c’è la quiete della mente “Siate calmi, e sappiate che io sono Dio” dice il Salmista (Sal 46,11). La preghiera fervente apre un canale tra l’anima e Dio. Così c’è intercomunione tra l’umano e il Divino. La preghiera deriva dalla meditazione, nel senso che la seconda prepara il terreno alla prima. La preghiera può essere concepita come una discesa nelle profondità del cuore. (Il Cristo universale, op. cit. pp.119-120) LA VISIONE DI DIO Avere parte alla visione di Dio, significa che noi siamo andati al di là di tutti i concetti della mente razionale e di tutte le immagini derivate dai sensi. Dobbiamo entrare nel mondo della non – dualità, in cui il nostro attuale modo di coscienza viene trasceso. Cosí noi entriamo in quella “divina oscurità”di cui parla Dionigi, la quale appare oscura soltanto perché è pura luce. Dobbiamo salire a questo stato di “non conoscenza” in cui ogni conoscenza umana sbiadisce, e conosceremo veramente “addirittura come siamo conosciuti”. In questa visione dell’ultimo mistero dell’essere, che è l’inizio e la fine di tutte le nostre aspirazioni umane, indú, buddisti e cristiani si ritrovano uniti, e in Dio tutte le differenze che appaiono in natura, e tutte le distinzioni note alla mente umana, vengono trascese. (Ib., pp.109-110) IL MONDO DELLA RESURREZIONE È un’illusione pensare che il Regno di Dio si realizzerà in questo mondo o che sulla terra si stabiliranno durevolmente pace e gioia. Questa è la grande “maya” o illusione che inganna il mondo e copre la verità. L’illusione nasce dal rifiuto di affrontare la morte. Per coloro che cercano la realizzazione in questo mondo, la morte è una fine, una barriera che non può essere oltrepassata. Ma per coloro che muoiono ben disposti, la morte è il passaggio alla vita eterna. Il nuovo mondo che noi cerchiamo è il mondo della resurrezione. Anche se questo mondo è già presente tra noi perché “il regno dei cieli è in mezzo a voi”(Lc 17,21). La morte è il varco verso una nuova coscienza, una coscienza che è al di là dei sensi e al di là della mente e si apre sull’eterno e sull’infinito. Per ora possiamo coglierne solo dei bagliori, ma essa parla attraverso il mondo. “Le cose di prima sono passate… Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,45). (Ib., pp. 117-118). ESSERE CALMI La calma interiore è necessaria se vogliamo avere il perfetto controllo delle nostre facoltà e se vogliamo udire la voce dello Spirito che ci parla. Non può esserci calma senza disciplina, e la disciplina del silenzio esteriore ci può aiutare a trovare la tranquillità interiore che è il cuore dell’autentica esperienza religiosa. Nella meditazione noi facciamo dei passi per ottenere questa calma. Rendiamo quieto il nostro corpo e le nostre emozioni, quindi gradualmente permettiamo alla mente di fissarsi su un sol punto. La calma interiore di un individuo può influire oltre misura sulla società. (Ib., 78)
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Lorenzo Mullon
- 08/08/2014 15:24:00
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La cosa incredibile è che possono ripetersi, e intensificarsi, e sono sicuro persino acquistare una certa stabilità, queste esperienze. Lo sto verificando, succede qualcosa ogni giorno, ed è sempre uguale e sempre diverso. Hai ragione, lunico ostacolo è la paura. Ma non succede mai niente di brutto, né durante né dopo, e allora a me è andata via del tutto anche la paura. Dobbiamo avere solo fiducia, la vita non è contro di noi. E poi la morte è una benedizione, se la accettiamo per quello che è: un cambio radicale di avventura. Ti immagini scrivere in eterno su questa tastiera per rispondere sempre ai miei deliri? Evviva i cambiamenti!
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Cristina Bizzarri
- 08/08/2014 14:28:00
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Caro Lorenzo, ho appena letto con emozione e gratitudine le tue parole. Devessere (stata) unesperienza meravigliosa, una gioia pura. Sai mi torna in mente quel mio momento vissuto una decina danni fa nel sud della Francia, quando in auto ho avuto limpressione che si aprisse tutto davanti e intorno a me, avevo perso i confini. Ma ho avuto tanta paura. La mia parte razionale mi fa anche temere, dopo la prima sensazione di meraviglia e commozione, che ci possano essere dei blackout elettrici nel cervello. Ma poi mi dico che, anche se così fosse, meglio! Lesperienza vissuta non perderebbe di valore, né di realtà. E allora mi partono tante domande e supposizioni e penso che Gesù e altri ci abbiano indicato, attraverso sé stessi, dei possibili percorsi per arrivare a questa beatitudine di cui tu parli. E i riti, i dogmi, le preghiere, allora potrebbero essere ulteriori strumenti per comprendere, affinare, da incarnati quali noi siamo, il senso di questa totalità - e magari per riuscire a sperimentarla. E allora, come tu mi dici e come tu sperimenti, allora lì devessere quello che noi chiamiamo Dio. Forse, Lorenzo, il ruolo del sapere cosiddetto iniziatico o esoterico o altro, è quello di introdurci a questo mistero, di darcene una chiave di lettura, perché una cosa è "essere" questa esperiena, una cosa è - mentre siamo - comprenderla. Un bacio. Grazie.
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Lorenzo Mullon
- 08/08/2014 10:26:00
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Cristina, scusa se prendo di nuovo la parola, ma in questo periodo mi capitano delle cose incredibili, non so come parlarne come descriverle, provo. E riguardano proprio il "corpo cosmico", giusto per dare un nome . . . e riguardano assolutamente la poesia, tutto parte dalla sensibilità poetica, almeno per me. Mercoledì eravamo al Lido, ad un certo punto mi sono sentito gigantesco, ero sopra le nuvole, e vedevo da lì. Cera Erica che dormiva sdraiata sulla stuoia, e io ero lei. Un bambino che giocava con la sabbia, ed ero io. Il venditore di aquiloni, ne aveva quindici in fila che volavano, uno spettacolo! ed ero io. Due ragazzi innamorati che scherzavano, ed ero io, sia lui sia lei. Un vecchietto che camminava a piedi nudi sullacqua, ed ero ancora io. Poi mi guardavo, enorme, fatto come di vetro, come un disegno a matita nellaria. Poi diventavo piccolissimo, e osservavo dalla prospettiva di un granello di sabbia. Comè possibile? Non era fantasia, non era immaginazione, era vero. La prova è che non stavo male, non avevo le allucinazioni, mi sentivo benissimo, immenso e piccolissimo insieme. Siamo ritornati a casa in vaporetto, per tre ore non sono riuscito a dire una parola, tanto ero ancora preso da quellesperienza, da quellincredibile punto di vista. Non cè altra spiegazione, anche se in realtà non è una spiegazione, non si può spiegare niente: si sono spalancate le porte della percezione, e ogni cosa è apparsa nella sua vera veste. Noi, in realtà, non siamo nel corpo, ma dentro luniverso. Luniverso è il nostro corpo, e siamo anche dentro tutte le cose, e persino, udite udite, dentro le altre persone, in qualche modo misterioso. Per questo possono capitare le coincidenze, o di più, quello che Jung chiamava sincronicità. Siamo "annodati" gli uni agli altri, in un grappolo di meraviglia, uno dentro laltra, e ognuno dentro tutto. Ma non lo sappiamo, non riusciamo a vederlo, viviamo come in una stanza chiusa, con una sola finestrella, sofferenti, pensando che quello sia il nostro mondo. Il nostro vero mondo è il "corpo cosmico". Se crediamo nel corpo cosmico di Cristo, dobbiamo pure credere al nostro corpo cosmico, noi siamo in tutto, noi siamo Cristo, o il Buddha, o Shiva o quello che vuoi . . . noi siamo Il Tutto, chi altri?
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Cristina Bizzarri
- 06/08/2014 19:29:00
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Bello quello che hai scritto. Così, lo sento moltissimo. Ciao Lorenzo.
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Lorenzo Mullon
- 06/08/2014 16:29:00
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Capisco e non capisco questa cosa dellisolamento Ci si sente soli quando non si ha raggiunto veramente il proprio sé, allora qualcosa manca sempre Ma poi ci si sente di una pienezza senza mancanze E gli altri . . . ma certo che ci sono gli altri, perché non dovrebbero esserci?
Comunque, io desidero solo creare ponti, senza puntare il dito contro nessuno Le contrapposizioni si creano quando ci irrigidiamo, se cè paura Non dobbiamo aver paura Qui non si tratta di ribaltare luniverso, ognuno ha il percorso che ha, ognuno deve fare le sue esperienze, io non giudico nessuno e non ho fretta Però credetemi, quello che sento e vivo, la gioia che sperimento da mesi, è davvero non il superamento delle religioni, non una rottura, ma il loro naturale compimento Mi sembra di aver iniziato la vera vita
Sono disposto a parlarne con chiunque E intanto esprimo la mia esperienza in poesia, che è il mio strumento, consapevole che non è facile comunicare, ma nemmeno impossibile Lesperienza stessa troverà le parole via via più adatte ciao!
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Nando
- 06/08/2014 10:09:00
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Dicevo hai centrato il bersaglio, poiché senza il fondamento ontologico del Divino, lessere umano rimarrebbe una monade in un oceano di solitudine, anzi no: disolamento (v. Nouwen Henri J.).
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Nando
- 06/08/2014 10:02:00
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Chiedo scusa per i miei errori di stesura: si legga "non cè alcun Assoluto" e "nella sua visione"; inoltre, Critina, vorrei aggiungere ancora qualche nota, ispiratami dal tuo ultimo commento: hai centrato il bersaglio, poiché le conseguenze estremi di una visione totalmente umanocentrica, non risolve il problema dei rapporti tra un io e un tu, non li giustifica, sia perché lautosufficienza esclude una spinta verso lestasi, sia perché lesperienza umana è sempre temporaneamente "duale" e quindi, visione ateista o visione teista, soprattutto quella cristiana, che si voglia assumere come punto di vista, riamne aperta la "ferita" della relazione: o com se stessi o con laltro da me.
Ora mi taccio
p.s. Versione non riveduta per la pubblicazione 8rudimentale)
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Nando
- 06/08/2014 09:51:00
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Non è solo un problema di linguaggio Cristina, secondo me è un "bivio" sostanziale: o credo Dio come anche il Totalmente Altro oppure credo alla visione che propone Lorenzo che non è alcun Assoluto e quello che noi definiamo linguisticamente Dio, nel suo visone è solamente luomo. A questo punto mi fermo, poiché il discorso si farebbe più complesso e, anche coi suggerimenti dei testi da te proposti, dovremmo parlare del ruolo di Cristo come unico Mediatore tra il Divino e lumano, di Dio Amore secondo il vangelo di Giovani, della Relazione intratrinitaria, dello Spirito come esperienza dellUnità, della vocazione dellumano allunione mistica con il Divino e, scandalo dagli scandali, del senso del dolore nellesperienza del Cristo appeso ad una croce. Ovviamente questi sono solo alcuni spunti, per altri ce ne saranno altri, insomma, largomento è denso e interessantissimo; che poi Dio sia un Mistero e quindi irraggiungibile questo viene affermato anche nei testi letti in proposta.
Ciao a te, Cristina e grazie; e un saluto a Lorenzo e agli altri tuoi lettori.
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Lorenzo Mullon
- 06/08/2014 09:43:00
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scusa, leggo adesso . . . ma ci sono tutti gli altri, perché dovresti sentirti sola? in certi libri sacri è scritto appunto che "Dio" si sentiva solo, per questo ha creato luniverso per rapportarsi con gli altri alla pari, alla pari!
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Lorenzo Mullon
- 06/08/2014 09:40:00
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( sforziamoci tutti, per uscire da una contrapposizione che non serve a niente, ci fa solo stare male, sto cercando a fatica delle "parole" che spieghino al meglio la condizione che vivo da un po voi provate ad immedesimarvi, la poesia a questo serve, a entrare in quello che apparentemente è "altro" o "strano" rispetto a noi ri-baci )
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Cristina Bizzarri
- 06/08/2014 09:36:00
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Forse è come dici tu, chi lo sa. Io, per me, non riesco (non voglio? può darsi) a immaginare un mondo dove ci sono solo io. Quella "presenza" che sento vicina mi interpella continuamente. So chi è per te - altro è per me, o credo che sia. Ciao!
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Lorenzo Mullon
- 06/08/2014 09:16:00
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Ma è proprio per questo che è necessario chiamare le cose col loro nome, cercare in qualche modo di descrivere al meglio questa possibilità. Che non è una possibilità fantascientifica, bensì a portata di mano. Se invece continuiamo a parlare di un "Dio", beh, "Dio" è ovviamente irraggiungibile, è un concetto, un ideale, che sfugge ad ogni immaginazione concreta, come le parole "infinito", "eterno". Invece no, è tutto umano, vicinissimo, siamo ad un passo dalla nostra realizzazione, e non lo vediamo. Forse è anche questa idealizzazione che ci blocca. Ecco perché parlo di un condizionamento mentale, di un vero e proprio blocco. Baci!
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Cristina Bizzarri
- 06/08/2014 00:04:00
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Lorenzo, detto così come tu lo dici ha una sua logica, ma puoi ammettere che ci sia altro? Un altra maniera di dire i fatti? Trovo questi stralci che ho proposto molto vicini a quello che tu dici. Forse è solo una questione linguistica. Forse, questo tuo sentirti "tutto" - scusa se non lo dico come lo dici tu - è quello che altri chiamano "unione con dio". E forse, caro Lorenzo, tu sei già in questo stato di beatitudine, di unione assoluta. E i nomi non contano più perché sei nella gioia, già sperimenti il regno dei cieli, il non ancora svelato. Allora, se è così, hai sempre avuto ragione tu a fregartene di ogni definizione... :-)
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Lorenzo Mullon
- 05/08/2014 23:59:00
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< "Dio" è lessere umano che si risveglia, uomo o donna che sia ( giusto per evitare accuse di maschilismo ) >
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Lorenzo Mullon
- 05/08/2014 23:20:00
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"Quando noi preghiamo Dio nella profondità dell’anima, Egli è in noi e noi siamo in Lui. Questa non dualità del nostro spirito con lo Spirito di Dio etc"
Ma come non dualità?
Non dualità significa che resta solo luomo finalmente realizzato, lUomo Dio
Oppure solo Dio, che si cannibalizza luomo
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Cristina Bizzarri
- 05/08/2014 18:19:00
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Credo che le coincidenze e le "rispondenze" indichino qualcosa di impalpabile e poetico. Questo testo lho trovato per caso, cercando su "Cristo cosmico". Mi sembra si riconnetta al nostro dibattito sulla fede, sulla nostra umana ricerca, sulla felicità, in fondo e indirettamente anche sulla poesia. A me ha dato parecchi spunti di riflessione.
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